Nato a Carpenedolo (BS) nel 1938, in giovanissima età s’inserisce nell’importante scuola locale di disegno architettonico e ornamentale sotto la direzione del prof. Umberto Gardelli assistito dal prof. Simone Butti. Frequenta la scuola con ottimo profitto fino all’età di 22 anni, quindi, con il disappunto del suo insegnante che lo vuole fortemente all’Accademia delle Belle Arti, si dedica al lavoro del marmo con la sua famiglia.
La passione per l’arte viene da allora applicata all’ambito lavorativo, che assume qualità artistica, portandolo in giro per il mondo dove sviluppa notevoli e importanti opere di marmo e dove può acquisire un’ampia esperienza culturale e artistica.
Nello stesso periodo dedica oltre 10 anni anche alla pubblica amministrazione con incarichi nel settore dei lavori pubblici e dell’urbanistica.
All’età di 40 anni lascia completamente la vita pubblica per dedicarsi al lavoro e alla sua passione per l’arte.
Frequenta per cinque anni corsi specifici di disegno e pittura, approfondendo le tecniche del disegno, acquarello e pittura ad olio.
Attualmente si sta dedicando in particolare a paesaggi, nature morte e sculture.
Le opere di Franco Ghirardi prendono forma dal desiderio di vedere materializzato un pensiero coerente e passionale, attingendo il più possibile dalla creatività e dalla spontaneità, confidando in una continua fertilità di idee.
Fatta l’opera, il piacere dell’artista nasce dalla contemplazione della stessa, ed il risultato viene giudicato dall’esecutore stesso in modo assai critico, evidenziando una continua ricerca di perfezione (derivante probabilmente dall’esperienza lavorativa sempre intesa alla massima qualità del prodotto finale).
Tematica fondamentale presente nelle sue opere è la rappresentazione dell’uomo, dal punto di vista fisico e intellettivo: si indagano le forme dell’uomo, della sua evoluzione, gli effetti delle nuove scoperte genetiche, ma anche le relazioni interpersonali e le emozioni in relazione all’ambito sociale (il gruppo) e del singolo (con varie facce e personalità). Tale caratteristica è evidenziata nella tridimensionalità delle opere, leggibili da diversi punti di vista, i quali evidenziano la variabilità e la complessità dei significati che le opere stesse rappresentano.
L’individuo è rappresentato con un intimismo malinconico, quasi sofferto, a cui però le forme raffinate e al tempo stesso vigorose danno grande vitalità.
Ogni scultura è eseguita mediante modelli in plastilina o creta che consentono all’artista di plasmare con le proprie mani la materia e sentire il massimo delle sensazione e delle emozioni interiori. Quindi, trovato il giusto equilibrio e la personale soddisfazione, l’opera è scolpita nel marmo, materiale classico e assai adatto allo scopo artistico, grazie agli innumerevoli colori e tonalità disponibili in natura e ai diversi tipi di finitura, in un alternarsi di ombre, riflessi e luminosità che tendono a completare la forma pura.
In Covoni, opera ritratta nel 2004, la rappresentazione del paesaggio rurale diventa pretesto per un assemblaggio bidimensionale di piani cromatici fortemente saturati. Giustapposti e sovrapposti al tempo stesso, inverano un racconto fatto di forme fluide, ora serrato ora disteso. Il colore influenza le geometrie e ne determina gravità o leggerezza. Marcate dal trattamento della pasta cromatica tramite un rigato finissimo, si individuano flessuose direttrici, che rimangono costanti nel passo e nella dimensione, indifferenti all’avanzare in profondità dei piani, quasi a voler condurre il fruitore verso una lettura antiprospettica. Anche la scelta cromatica non indulge in sfumati che potrebbero suggerire l’idea della fuga prospettica; ma anzi nell’ultimo e nel terz’ultimo campo, in aperto contrasto con l’azzurro sovrastante, riverbera un ocra dorato più brillante di quello in primo piano nella parte inferiore della tela. Attentamente composti secondo un delicato equilibrio asimmetrico alcuni oggetti “galleggiano sul paesaggio rarefatto, ormai astratto; riconoscibili ma al tempo stesso scarni nella rappresentazione, costruiscono una sequenza quasi “concettuale”: nove oggetti scomposti in 1 (casa) + 2 (cipressi) + 3 (covoni disordinati) + 4 (covoni allineati).
Ciascuna serie ha ruoli ambivalenti, oscilla tra una precisa identità iconografica e continui rimandi reciproci, generatori di relazioni spaziali i cui vuoti vengono esaltati dalle distensioni cromatiche sottostanti.
I covoni, adagiati su un piano la cui orizzontalità è accentuata dal nastro verde che chiude in basso la tela, costruiscono un “ensamble”: tre oggetti apparentemente sparsi secondo due coordinate di un ipotetica assonometria cavaliera, altri quattro in fila quasi a voler determinare un contrappunto orizzontale alle nitide verticali dei cipressi.
La casa contadina appena accennata, sospesa sulle morbide e al pari destabilizzanti superfici fredde, diventa pretesto per illuminare e quindi polarizzare l’estrema destra del dipinto, accentuando l’asimmetria della composizione. Le sue forme geometriche, prive di porte e finestre, sono presenze singolari, pressoché estranee al contesto; adagiate su un improbabile piano acquatico, impressionano e destabilizzano la comprensione, accentuando la sensazione di enigma che pervade l’interacomposizione.
18 marzo 2005
© Franco Ghirardi